La coscienza delle cose

Rileggendo il libro ‘La mente delle cellule’ di Satprem ed alcuni brani dell’Agenda di Mére’ mi sono fermata a riflettere sul fatto che spesso molti grandi mistici, filosofi  e ricercatori spirituali hanno affermato che tutto è Divino, che nulla esiste se non come manifestazione del Divino.

A molte persone che percorrono un sentiero ‘spirituale’ questo concetto può sembrare quasi scontato, almeno da un punto di vista puramente intellettuale, ma mentre può sembrare relativamente facile considerare espressione dell’Energia Divina un altro essere umano, un animale, un fiore, una cascata, un ruscello, l’intero pianeta, e, forse una pietra o un cristallo, è al contrario molto difficile per l’uomo concepire e lasciare spazio alla possibilità che anche le cose, i cosiddetti oggetti inanimati, abbiano una loro coscienza. Questa difficoltà deriva dal fatto che l’uomo, essendo ‘affetto’ da una visione antropomorfica dell’universo, tende a considerare dotato di coscienza soltanto ciò che si esprime in modo simile al proprio. D’altra parte assimilare il concetto che tutto è Divino significa forse proprio liberarsi da questa forma di arroganza intellettuale e lasciare spazio al altre forme di coscienza, sicuramente meno mentalizzate di quella umana, ma non per questo meno reali.

Nell’ambito delle esperienze ‘transpersonali’, sciamaniche o mistiche, che comportano solitamente l’espansione dell’io oltre i confini consueti, non sono rari i racconti di identificazione e ‘dialogo’ cosciente con le forze della natura, con gli animali, il mare o le montagne, quasi a voler dimostrare che non è il ‘non-umano’ ad essere privo di coscienza, ma, al contrario, il vero problema è costituito dalla ristrettezza del normale livello di consapevolezza dell’essere umano, troppo angusto per permettergli di comprendere ed interagire con qualcosa di diverso da sè.

Se è vero che esiste una ‘volontà dell’atomo’, come sembra sostenere, oltre alla millenaria saggezza orientale,  anche la moderna fisica delle particelle, non è forse la volontà una forma di coscienza che si estende alla materia intera, considerata un continuum indivisibile? Dove potremmo mai trovare il limite tra una particella e l’altra? A livello subatomico, infatti, le particelle sembrano avere un comportamento che è stato definito da parecchi fisici ‘volontario’, cioè intelligente e perciò cosciente; inoltre tutto i concetti di spazio-tempo, di separazione, come intesi comunemente vengono a cadere nell’infinitamente piccolo.

Se dunque tutto è cosciente, l’intera visione della vita umana deve per forza cambiare: non c’è più spazio per la separazione e per pretesa  di dominare la Natura e la Materia, ma solo per un’infinità di relazioni di coscienza. Se anche ogni oggetto inanimato, naturale o costruito dall’uomo, è dotato di una propria coscienza, qualunque azione diviene ‘sacra’ e nulla puo’ essere più considerato inutile o insignificante. Ogni attività, ogni gesto, ogni pensiero ed ogni parola acquistano un nuovo significato in un mondo in cui nulla è trascurabile perchè tutto è una manifestazione di coscienza.

Dato che tutto ciò che esiste non è altro che una relazione di coscienza, le ‘cose’, la natura, l’intero Pianeta possono infondere coscienza nell’uomo e l’uomo può infondere coscienza alla materia intera. In altri termini tutto è bidirezionale, tutto è uno scambio, una relazione tra le parti di un tutto indivisibile.

Se la Materia è una e cosciente, forse la funzione dell’essere umano nel processo evolutivo è proprio accelerare il risveglio della coscienza nella materia e nel proprio corpo liberandosi dalla gabbia mentale che gli impedisce di riconoscere la coscienza che già esiste in ogni cosa.

Forse è proprio il modo umano di percepire la realtà, attraverso i filtri mentali che gli sono serviti per arrivare ad avere consapevolezza di sè, a far apparire la materia, il mondo, come privi di coscienza e di ‘luminosità’. Eliminati i filtri, che causano una distorsione del nostro modo di percepire la realtà, forse potremo scoprire che la coscienza dell’atomo aspettava soltanto di potersi mettere in relazione con noi.

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